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Immagine del redattoreMosè Previti

Alfredo santoro: Ad ovest la luna si imbianca

Aggiornamento: 19 nov 2020


La notte è un abbraccio di terra e mare, la notte dondola con un respiro profondo e lontano che fa bolle di sogni e di realtà, siamo qui e pure molto più lontano, molto più in fondo. Un’indefinita visione, non più geografica, non più racconto, ci siamo in differente sensi, verso dimensioni dove l’indistinto si moltiplica e si confonde in nuove possibilità. L’arte di Alfredo Santoro è questo liquido sciabordare caleidoscopico dove la realtà è un movimento inconscio, un ricordo o un miraggio. Complessa e insieme chiara nell’incantesimo di una rievocazione onirica, dove il mare e la luna, come guardiani di un rito, ipnotizzano l’occhio: la pittura di Alfredo Santoro è arte sognante e gentile ma anche vigorosa e chiara, non verbale, parente prossima della musica da cui eredità una volontà empatica che trascende la spiegazione, il fatto, il racconto, vibrando nella potenza dell’immagine.


Alfredo Santoro è uno dei pittori più noti e attivi della città di Messina, la sua attività ha raccolto numerose prove di stima dalla critica e dal pubblico, fino dai suoi esordi. Gli elementi costitutivi della sua arte si riconnettono ai nodi fondamentali dell’arte del Novecento, vi è una componente specifica, legata al territorio ma soprattutto una regia intellettuale ed emotiva che unifica questa materia in maniera originale e organicamente coerente. Nelle interpretazioni vi è sempre il pericolo dello stravolgimento, specialmente quando queste tentano di procurare delle verità assolute o, addirittura, “scientifiche”. Questo scritto viene per ampliare e ulteriormente espandere le numerose suggestioni che provengono dall’arte di questo artista, così da qui avanzo con la prudenza del chirurgo che davanti ad un corpo sano e ben fatto è sempre consapevole dei possibilità danni del bisturi: l’unità contiene già tutte le risposte, un’analisi è un modo per vederci meglio e più chiaramente, dopo aver provato a sentire e capire il tutto.


Dal punto di vista stilistico l’arte Santoro discende dal post impressionismo e dal surrealismo, di fatto, già questi due termini ci mettono in connessione con il terzo polo della sua personalità artistica che è quello rappresentato dall’espressionismo astratto americano con tutti i suoi numerosi e prolifici parenti. Questi tre momenti sono tutti antecedenti alla personalità di Santoro che ormai da diversi decenni è assolutamente autonoma e ben riconoscibile. Tale riconoscibilità deriva non solo dalle personalità del suo tratto, netto e cromaticamente potente, ma quanto proprio da un immaginario figurativo, un’iconografia santoriana che ha alle sue spalle un corposo lessico di elementi derivati sia dalla natura: la luna, il vulcano, il mare, le creature marino, sia dal territorio siciliano. Quest’ultimo punto certamente riguarda il rapporto di questo artista con il paesaggio nativo dello Stretto di Messina, ma anche con Giuseppe Migneco, un altro dei suoi principali interpreti. Il paesaggio marino è uno degli elementi più frequentemente evocati da Santoro, tuttavia non siamo di fronte ad un’ispirazione espressionista e territorialmente nostalgica. Il paesaggio transita in Santoro con le sue energie più sottili e inconsce, il nome non c’è, il suo è comunque e prima di tutto un paesaggio archetipale, primigenio, psicologico, dove le forme sono in bilico costatante con un’ipotesi di riconoscibilità negli elementi della natura e il trionfo formale assoluto, il loro senso più prepotentemente astratto.



Questa indefinitezza semantica costituisce la rete su cui l’artista costruisce le sue immagini, una seduttiva dimensione che rifiuta in più casi il posizionamento ortogonale e topologico secondo le logiche della figuratività tradizionale, aprendo sovente la porta ad orizzonti in cui l’occhio sedotto dai squillanti incontri cromatici poi suggerisce alla mente quella dolce e indimenticabile sensazione da sogno estivo che è proprio il frutto principale della regia santoriana. L’arte di Santoro però non è solo paradisiaca pace, ci sono anche i fremiti di un’energia sensuale e biologica che si innalza dalla sommità del vulcano o fiorisce nella ridda dei tramonti infuocati. I corvi, o certi rapaci notturni sembrano messaggeri di notizie, omen divini che turbano l’apparente calma dell’immagine con la potenza dello sguardo (Falco, 2017), mentre l’intricato avvilupparsi della vegetazione si alterna e si scontra con dei pattern ordinati da quali può fuoriuscire la traiettoria geometrica di una farfalla (Veliero, 2016) o il volo di un uccello (Uccello, 2016). D’altra parte tutte le composizioni di Santoro vivono di questi continui e sottili contrasti di forme chiuse ed aperte, rette e curvilinee, toni caldi e freddi sempre accortamente accostati che in alcuni episodi astratti come Pesca (2009) e Flora Inesatta (2011) hanno delle vette estetiche e concettuali di primo livello per la potenza del colore ma soprattutto per la tessitura aperta e genuinamente imprevedibile.


Questa mostra che raccoglie un piccolo nucleo della poderosa produzione di Santoro vede in esposizione una selezione dei lavori dell’ultimo decennio dell’artista, a fronte di un’attività cinquantennale. In questa ultima stagione la sua arte si conferma nell’alta qualità della produzione e nel tono sovranamente elegante delle composizioni, dove la forza inquieta che animava le opere ante duemila, di cui i Fiori del Male (1995), ha trovato ulteriore sviluppo in un modo “classicamente santoriano” prezioso per la qualità delle forme e la potenza dell’immaginazione che, ancora una volta, con questa mostra si conferma tra le più importanti e illustri della nostra città.

Mosè Previti

Riproduzione Riservata


Testo critico per la mostra di Alfredo Santoro: "Ad ovest la luna si imbianca"

dal 19 al 30 ottobre 2018

Teatro Vittorio Emanuele di Messina


Per leggere il Catalogo qui





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