Altan Naran è un poeta nomade delle pianure dell’Asia centrale. Nacque in un villaggio altaico intorno al 1960, i genitori erano pastori. Fu allevato secondo i costumi tradizionali delle popolazioni sarmatiche fino all’età di quindici anni. I predoni sterminarono la sua famiglia durante l’estate del 1985. In condizioni disperate, venne salvato da una carovana di motociclisti francesi. Introdotto alla cultura europea da un docente di filosofia, studiò francese, tedesco e italiano da autodidatta, scrisse numerosi libri di poesia in dialetto khalkhal, saggi sulla vita nomade e numerose canzoni. Le notizie sulla sua vita sono frammentarie, come vi è pure incertezza sul suo vero nome. I suoi scritti, editi e tradotti in inglese dall’antropologo americano Johnson W. Ferrari, sono in corso di pubblicazione.
L’eroe
Ho regalato il cuore
a una città
il tempo alle mura
gli occhi al mare
le lacrime al domani
l'amore alle stelle.
Sono morto.
Mai più
però avrò
una madre, un padre
una patria, una legge,
un dio, un sacrificio.
Mai più avrò obbedienza
esercito, ordine
bandiera, maestri,
biblioteche, inginocchiatoi,
onore, sottomissione.
Sono morto,
sono vivo, sono nomade,
sono libero.
Altan Naran, Ritorno a Ulan Bator.
Mosè Previti © 2022
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