Qualche giorno fa mi ha chiamato un artista molto anziano. Avrà ormai quasi novant’anni. Nel suo ambiente è considerato un maestro, il più classico. Incarna sotto ogni punto di vista il mito romantico del genio: irregolare, scontroso, sempre in cerca di soldi, innamorato delle sue idee e della possibilità di sfondare, un giorno.
“Sfondare” vuol dire entrare nella storia, fare la differenza, diventare un mito, essere il centro del cerchio magico di tutti i follower del mondo. Questo è l’idea di maggiore successo degli ultimi 40 anni: l'idea del successo stesso. Dopo la fine di fascismo e comunismo, non ha vinto la new age, né l’Islam, non è la pace del mondo, neanche l’ecologia. L’idea fondamentale che è stata venduta con enorme profitto a tutti gli individui del nostro bellissimo pianeta è questa: devi avere successo, costi quello che costi. Non importa con quali conseguenze, devi essere uno stramaledetto mito, il top, in cima, er più, sky is the limit, devi avere un esercito di fedeli che pendono dalle tue labbra, uno stuolo di aziende che vogliono la tua faccia da mettere sui biberon, legioni di feticisti che aspettano con ansia di poter comprare all’asta la collezione completa dei tuoi occhiali rotti.
Non mi interessa determinare l’orizzonte etico di questo mito perché, guardandoci allo specchio, sappiamo benissimo che questa fregnaccia dell’essere un mito finisce come finiscono tutte le vite degli uomini. Tuttavia, l’essere mito di se stessi, l’essere al culmine della piramide dei propri interessi è un punto di partenza fondamentale per chi lavora con la creatività. Un punto di partenza, attenzione, dove la concentrazione sul proprio percorso non vuol dire la tragedia della sua realizzazione.
Il mito è il racconto degli eroi, gli eroi hanno un destino tragico, loro devono affrontare fatiche immani, talvolta devono morire per poter rinascere a nuova vita. A volte però, certi miti ci muoiono sotto, senza rinascere. E questo è il destino di alcuni artisti sprofondati nell’idea del loro mito.
Il mito di Narciso è proprio la manifestazione integrale di questa evenienza: l’ossessione per l’immagine, l’idea, l’irreale desiderato distrugge il suo stesso produttore, l’originale che ha generato l’icona, finta, da adorare.
Però c’è un però: l’essere convintamente al centro del proprio agire, l’essere consapevoli della centralità personale della nostra vita e di tutto quello che facciamo è fondamentale, specialmente per individui molto sensibili come gli artisti. Gli artisti sono ossessionati dalla loro sensibilità, sono vittime di questa empatia integrale, intuitiva, che li porta sempre dentro, a contatto pieno, totale, cuore a cuore, con le faccende e le persone vicine, lontane, financo con quelle lontanissime, nel tempo e nello spazio.
Gli artisti sono narcisisti ma non si massificano, si mettono al centro senza copiare, cercano, quasi sempre, un loro modo di essere unici a volte con originalità, a volte solo mettendo in mostra, con coraggio, il loro infinito disagio o le loro idee. La stragrande maggioranza delle persone non è narcisista è solo sottomessa, obbedisce agli stimoli del gruppo, copia, si spaccia per qualcun altro perché non ha avuto modo, non c’ha avuto proprio tempo e occasione per capire chi e cosa esattamente è, domanda che tormenta la vita degli artisti.
Quindi lo specchio narciso serve per guardarci dentro senza fingere, senza trucchi, senza Dorian Grey, lo specchio è il punto di partenza dell’attività creativa ma forse non è necessario pensarci neanche più di tanto, talvolta le migliori cose si realizzano abbandonando proprio l’idea di questa immagine riflessa.
Perché un'immagine esagerata di noi stessi oltre che irreale può essere anche nociva: un capo narcisista è in grado di succhiare il massimo dai suoi dipendenti che prima cadranno vittima della sua magia, poi lo odieranno e tenteranno in ogni modo di distruggerlo.
Un collega di lavoro, un collega artista con l'ossessione per se stesso, oltre che ridicolo, infantilmente ridicolo, può mettere in crisi il valore del progetto stesso se non riconosce la necessità degli apporti, delle collaborazioni e la necessità di preservarne il valore attraverso uno scambio reciproco che non può che essere paritario in termini di energie, anche se strutturato con differenti ruoli e responsabilità.
La libertà dell’agire è, forse, proprio la capacità di utilizzare questa energia dell’io consapevolmente, mettendoci in balance, con il nostro progetto e il nostro Narciso, qualunque sia la sua vocazione.
Mosè Previti
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