Piero Serboli è tra gli artisti più prolifici della città di Messina. Pittore e animatore della vita culturale cittadina, la sua attività conta numerose personali e collettive, l’organizzazione e la promozione di diverse manifestazioni ed eventi, tra cui anche la direzione artistica di una galleria, la produzione di scenografie teatrali, la cura di volumi e cataloghi che si ancora oggi contraddistinguono per l’originalità e l’alta qualità grafica. Il suo studio di Viale Boccetta è frequentato da artisti di ogni generazione, e il suo apporto è centrale anche per le attività culturali del gruppo Mutualpass. La lunga carriera di Serboli si è sempre contraddistinta per la freschezza dello stile e dell’intuizione artistica, nonché per un’acuta ironia che provocatoriamente l’artista “nasconde” nella sua arte. Tralasciando una vis polemica o drammatica che non gli appartiene, Serboli ha lungamente interrogato lo spettatore, l’arte, e credo anche se stesso, intorno ai grandi temi dell’arte, risolvendosi sempre in opere di grande impatto estetico e dallo stile giocoso e sognante. Tutta la sua opera è animata da una brillante vena pubblicitaria, laddove i doppi sensi e le allusioni dei titoli completa e amplifica il significato dell’opera. Duchamp, Munari, l’Informale, Pop art e Art Brut sono tra i suoi affluenti principali, ma l’artista ha sempre sviluppato cicli e temi propri con un approccio dal tono delicato e poetico, riconoscibilissimo anche nei casi più provocatori, che riesce a mantenere grande leggerezza ed eleganza. Le opere in mostra per “Arte in Laboratorio” appartengono principalmente all’ultimo periodo del ciclo dei Paesaggi, un lavoro che da trent’anni vede l’artista cimentarsi nella creazione di queste immagini minimaliste, pittoriche e sognanti. Ci sono vari elementi d’interesse in questo ciclo che ci portano a riflettere sul suo lavoro tout court. Innanzitutto, come già detto, una riflessione sui mezzi della produzione artistica. Le “terre” che emergono sotto la linea dell’orizzonte dei suoi lavori sono in realtà delle pitture trovate, dei ready made che provengono dal suo studio. I lacerti di stoffa, spesso completi di bottoni e cerniere, non sono state prodotte appositamente ma sono proprio quelle pezze che l’artista usa per asciugare i pennelli durante il lavoro. Serboli ha notato quali straordinari effetti cromatici, tattili e materici e ne ha fatto un tributo inserendo questi “umili” collaboratori all’interno della sua opera. Se esteticamente queste texture di colore e materia possono essere considerati degli “informali trovati”, in realtà denunciano anche la tensione ecologista e ambientale che anima i "Paesaggi serboliani". Con la consueta sensibilità, l’artista tocca il tema con una sorta di operazione taumaturgica che salvando la “pezza” dalla spazzatura ne nobilita il ruolo certificando un metodo in grado di trasformare ogni scarto in un’immagine soave e ariosa. Il procedimento che nella sua semplicità sembra quasi ludico e giocoso, in realtà è concettualmente ed esteticamente molto raffinato. Si vedano per esempio le grandi tele dove i tessuti lacerati si aprono in strutture in grado di formare un movimento complesso e intrigante dentro i riflessi di una particolare grazia cromatica. Oltre agli inserti più prettamente pittorici, l’artista organizza sula tela i fili dei tessuti che costituiscono un segno delicatissimo che da tutta l’immagine un senso di leggerezza e di suadente fragilità. Nell’interpretazione di questo ciclo, una suggestione ulteriore può venire dall’importante eredità paesaggistica che da abitante dello Stretto e da pittore di origine toscana egli ha conosciuto e praticato sia attraverso il lascito della storia dell’arte italiana sia attraverso quel complesso rapporto umano e culturale tipico di chi si trova a operare in contesti ricchi di contrasti come quello messinese. Al grande piacere per la pittura di questo artista lo spettatore potrà aggiungere tutte le riflessioni intellettuali che è in grado di originare un lavoro tanto apparentemente semplice quanto ricco e complesso di idee ed emozioni.
Mosè Previti
Testo critico per la mostra di Piero Serboli "Arte in laboratorio"
dal 17 novembre al 3 dicembre 2018
Comments