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Immagine del redattoreMosè Previti

Tishk Barzanji: Pop art ansiogena



Tishk Berzanji è un artista curdo. Vive a Londra dove ha studiato fisica e dove ha lavorato ai più alti livelli con la sua qualifica. Dopo un periodo di fortissimo stress fisico e mentale decide di approfondire la sua passione per l’arte dedicandosi all’illustrazione.

I suoi lavori sono opere digitali realizzate elaborando progetti grafici, disegni e acquerelli. Il suo esordio fu celebre per l’uso ostinato di architetture claustrofobiche, oggi la sua arte è più complessa.



Il medium utilizzato da Barzanji non tende al realismo, piuttosto ostenta un principio digitale e cinematografico, tipico del rendering per interior design di appartamenti di lusso. Tecnicamente non siamo in presenza dell’eccellenza nell’uso del medium.

Dal mio punto di vista la sua arte è intrigante per due ragioni: l’iconografia, i temi.

L’iconografia dell’ultimo Barzanji ha un elemento centrale molto interessante: la luce. Quasi tutti i suoi ultimi lavori sono impregnati della luce rossastra dell’ultimo tramonto. Questo espediente fotografico rende l’immagine sottilmente inquietante, ansiogena e nervosa. Il rosso è il colore del pericolo, del sangue e della violenza. Il cervello umano posiziona l’immagine rossa al centro della sua attenzione: un evento tinto di rosso, un evento al tramonto, ha un naturale carico drammatico, a prescindere del suo valore intrinseco. Fotografiamo tramonti per il loro fascino romantico, e il loro romanticismo dipende dal loro colore, il “colore”: il rosso. Inoltre, il tramonto è il momento della giornata in cui con più evidenza si manifesta il passare del tempo, nel tramonto abbiamo la consapevolezza che il giorno è finito e anche la nostra vita, un giorno, finirà. La luce di Barzanji forse ha un senso individuale e psicologico, tuttavia credo che il tramonto riguardi la nostra civiltà. In alchimia la “rubedo” è l’ultimo stato prima della trasformazione della materia grezza in oro, prima cioè del risveglio dello spirito, l’ingresso nel Paradiso.



Non so se vi è una tensione apocalittica e messianica negli interessanti lavori di questo artista, tuttavia i suoi interni magrittiani, la presenza ossessiva di beni di lusso chiaramente riconoscibili, il criptico discorso attorno a un erotismo cinico e solitario, restituiscono il sentimento di un’umanità in crisi, un’umanità plastica e aliena a sé stessa che vede tramontare il mondo e rimane assurdamente chiusa in se stessa.

Mosè Previti

Riproduzione riservata

Photocourtesy Tishk Barzanji




















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